Gerusalemme

RESTAURO FACCIATA ESARCATO ARMENO CATTOLICO VIA DOLOROSA III-IV STAZIONE, GERUSALEMME


RESTAURO FACCIATA ESARCATO ARMENO CATTOLICO DI GERUSALEMME, VIA DOLOROSA TERZA – QUARTA STAZIONE

La facciata restaurata
La facciata del Palazzo dell’Esarcato armeno cattolico al sera della cerimonia di inaugurazione alla presenza di Santina Zucchinelli, Domenica 24 Giugno 2012

 

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Lapide in pietra in onore di Santina Zucchinelli

I. INTRODUZIONE
La Provvidenza divina ha voluto realizzare sulla Via Dolorosa a Gerusalemme, tra la terza e la quarta stazione, uno dei frutti più belli e forse anche più visibili della storia di solidarietà di Santina dall’anno 2005 all’anno 2012. Come ben sapete la scommessa di questi anni è sempre stata quella di trasformare il dolore di mia madre in opportunità di bene per gli altri. Sono nate così diverse iniziative di beneficenza, tra le quali vi è anche il restauro del Palazzo dell’Esarcato Armeno Cattolico di Gerusalemme. Prima di passare ad alcune note di cronaca della bella serata di inaugurazione, avvenuta Domenica 24 Giugno 2012, vorrei soffermarmi sui contenuti fortemente simbolici di questa opera di solidarietà. Si tratta della pulizia della facciata di un antico palazzo, sulla porta di ingresso in una inferriata vi è una data 1885. Le belle pietre dell’edificio erano ormai ingiallite dal tempo e compromesse dall’erosione atmosferica. L’edificio si compone di due piani, più il nuovo appartamento a mansarda con la splendida balconata, terminato nell’anno 2007. Il palazzo è diviso da sei colonne portanti: al secondo piano trovano spazio cinque ampie finestre ad arco sorrette da altrettante colonne in pietra, mentre il piano terra si compone di quattro finestre – simmetriche al secondo piano – dove al centro trova posto il grande portone, con gli stipiti in pietra. Si tratta della bella pietra di Gerusalemme che il tempo aveva annerito e che aveva così impoverito.
Nell’anno 2011, parlando con S.E. Mons. Minassian e con il Signor Jololian, si vide la necessità di una radicale pulizia della facciata e di una appropriata illuminazione del Palazzo. Guardano le modeste possibilità dei fondi raccolti con la beneficenza di Santina ci siamo prefissi di fare ulteriori opportune questue per giungere alle somma necessaria, e così nell’anno 2011 con la vendita del libro Quando sono debole è allora che sono forte e con le offerte di molti Amici di Santina siamo giunti alla possibilità di svolgere i lavori, come bene è illustrato nella pagina del nostro sito dedicata a tale opera di solidarietà.

II. ALCUNE PRECISAZIONI DI CARATTERE SPIRITUALE
A questo punto mi pare importante alcune precisazioni dal carattere spirituale sul senso profondo del progetto realizzato.
– Forse non è un caso che questa opera di restauro abbia avuto uno slogan che ben sintetizza l’esperienza di Santina: Quando sono debole è allora che sono forte. Se non ci fosse stato il suo dolore e la sua esperienza di preghiera raccolta in quel libro, il restauro non ci sarebbe stato.
– L’opera di solidarietà ha un grande valore simbolico: siamo sulla Via Dolorosa a Gerusalemme, sulla Via nella quale Gesù ha portato la croce, centinaia di migliaia di pellegrini cristiani passano per quella strada ripercorrendo il dolore di Gesù, e ripercorrendo la sofferenza di Cristo trovano inciso in un palazzo il ricordo di un altro dolore, forse più piccolo e nascosto, ma che incoraggia ogni pellegrino che sale la via della croce: è il dolore di Santina che la targa in pietra ricorda al passante. Nella vita del cristiano il dolore fecondato dalla preghiera non è inutile e a Gerusalemme sulla via della croce, cosparsa di tutte le sofferenza dell’umanità, rispende nel suo candore anche il dolore della piccola ed umile Santina!
– Ma il terzo aspetto tipicamente spirituale, voluto da un preciso gioco della Provvidenza, è il punto preciso in cui questo restauro ha avuto luogo: tra la terza e quarta Stazione, che la tradizione riserva alla prima caduta di Gesù, ed all’incontro del Signore con la Madonna: non per nulla la Chiesa che lì sorge è dedicata a Nostra Signora dello Spasimo.
Nella vita di Santina la Madonna ha avuto sempre un ruolo decisivo ed anche nella mia vita spirituale l’insegnamento e l’esempio di mia madre mi hanno condotto gradualmente ad amare e praticare la devozione mariana. Forse la Madonna si è accorta di questo e Lei stessa ha chiesto al suo Figlio che avvenisse questo autentico miracolo! Io personalmente vedo il dito della Vergine in tutto questo (e sono così felice che il mio appartamento sia proprio presente in questo Esarcato dove intendo tornare spesso per studiare e per pregare), è dunque Maria che ha permesso il prodigio. Ma l’incontro di Maria con il Figlio dice anche un rapporto squisito tra Madre e Figlio e richiama alla mia mentre lo straordinario rapporto mio con mia madre Santina. La terza stazione invece ricorda la prima caduta di Gesù ed anche questo è per me provvidenziale, l’opera di solidarietà di Santina si realizza là dove si ricorda la caduta di Gesù. Quante cadute nella mia vita!! Di fronte alle mie cadute devo pensare alle cadute piene di dolore di Gesù ed essere sorretto ed incoraggiato dall’umile esempio di mamma.
– Infine, l’inaugurazione, che tra poco descriveremo, ha avuto luogo nel contesto del Quinto Pellegrinaggio di mia Madre a Gerusalemme. Anche Santina sulla sua sedia a rotelle ha percorso per ben tre volte nell’anno 2010, 2011 e 2012, tenendo nelle sue mani tremanti un crocifisso di legno, il Cammino di Gesù. Uno di quei crocifissi è oggi nella sua camera da letto a Bergamo, il secondo si trova nel mio studio in Vaticano ed il terzo è nella casa di mia sorella. Ma oltre a compiere il cammino della croce, Santina la sera del 24 Giugno 2012 ha ricevuto nella Basilica del Santo Sepolcro il Sacramento dell’Unzione dei Malati per la quinta volta! Anche questi due fatti concorrono nel delineare bene il contesto spirituale dell’inaugurazione dei restauri.

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Don gigi ed il Signor Alex Jololian Responsabile e Coordinatore dei lavori di restauro

 

III. CRONACA DELLA CERIMONIA D’ INAUGURAZIONE
Il luogo di questo restauro dunque non è secondario alla vita di fede dei cristiani, abbiamo visto nei precedenti paragrafi che esso si realizza a Gerusalemme, sulla Via Dolorosa, tra la terza e quarta stazione. Bene, questa Via della Croce ogni giorno è percorsa da migliaia di pellegrini che giungono a Gerusalemme da ogni parte del mondo e che, come la tradizione insegna dai tempi di san Francesco, esercitano la pia pratica della Via Crucis con molto profitto spirituale. Bene, proprio tutti quei cristiani che compiono la Via Crucis, soffermandosi in preghiera non possono fare a meno di ammirare il bianco palazzo illuminato da una illuminazione che crea, sul far della sera, un magico ambiente: è proprio in questo magico ambiente che ha avuto luogo l’inaugurazione, per mano del Nuovo Esarca Mons. Joseph Kelekian, la sera di Domenica 24 Giugno 2012 che ora vogliamo brevemente descrivere.

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Santina con Olinda davanti alla targa di ricordo

E’ una calda sera di estate a Gerusalemme e nel cielo di un azzurro terso iniziano ad accendersi le prime stelle e una chiara mezza luna risplende sopra le case della Città santa. Il muezzin ha appena terminato la preghiera dal minareto vicino a casa. Entriamo nel cortile dell’Esarcato armeno cattolico, sulla sinistra ci attende Mons. Kelekian che ha preparato scrupolosamente la cerimonia di benedizione dei lavori, con me, Santina ed Olinda vi è il Padre francescano Claudio Bottini, Fratel Andrea sagrestano maggiore del Santo Sepolcro, suor Annaerica, Suor Cecilia, ed alcuni altri amici. Il clima è di grande fraternità e con un grande sorriso tutti accolgono l’arrivo di Santina che ha appena ricevuto al Santo Sepolcro l’Unzione dei Malati. Guardo il volto di Mamma e subito Lei contraccambia il mio sguardo con un bel sorriso. Sono molto commosso desideravo ardentemente questo momento di preghiera e di riflessione, e sono orgoglioso di essere riuscito a portare nuovamente Mamma a Gerusalemme per inaugurare questi importanti lavori. Sicuramente l’esempio di Santina lascerà a Gerusalemme un segno lungo gli anni e speriamo anche lungo i secoli! Con Mons. Kelekian abbiamo deciso l’inaugurazione per la sera per diversi motivi, prima di tutto perché durante il giorno il forte sole ed il caldo non avrebbero permesso il dovuto raccoglimento, ma poi perché nella sera l’illuminazione della facciata crea un tono di grande meraviglia e magia. Alzo gli occhi verso il Palazzo e mi commuovo, le antiche pietre pulite con sofisticate tecniche hanno ripreso la loro bellezza ed il loro biancore, ogni fessura tra pietra e pietra è stata scrupolosamente pulita ed in alcuni casi nuovo cemento è stato finemente sostituito: l’antico palazzo sembra un castello incantato, le nuove luci conferiscono caldi colori alla bianca facciata tornata a risplendere. Jassin e Hamir portano la carrozzina di Mamma davanti all’ingresso dell’Esarcato e Mons. Kelekian, in abiti da cerimonia e con il crocifisso in mano, inizia la breve ma suggestiva preghiera: “Noi ti supplichiamo Signore Gesù Cristo, di benedire le mura rinnovate di questo edificio dell’Esarcato Armeno Cattolico di Gerusalemme, insieme ai benefattori che hanno contribuito al rinnovamento della facciata, come anche tutti quelli che vi abitano e vi abiteranno in futuro in questo palazzo, concedendogli salute e riuscita. Che la pace, la gioia e l’amore facciano parte della vita quotidiano di questo Esarcato…” Seguo con molta commozione questa semplice, ma profonda preghiera e mentre ascolto queste parole continuo a guardare Mamma e il Palazzo: “Chi l’avrebbe mai detto che Santina avrebbe prodotto con la sua fragilità questo miracolo? Una esistenza che molti reputavano finita, che molti ritengono inutile è in grado di trasformare e rinnovare un edificio così significativo nel cuore di Gerusalemme. Penso a mia sorella Carolina lontana e penso a tutte le persone povere e semplici che con il loro modesto contributo hanno però originato questa significativa opera di restauro. Grazie Signore, grazie Maria!” Mons. Kelekian prende il secchiello con l’acqua benedetta ed asperge la facciata, dopo di Lui anche Padre Claudio Bottini, io e… Santina aspergiamo con l’acqua santa i lavori ultimati.

Mons. Kelekian e Padre Bottini scoprono la targa
Mons. Kelekian e Padre Bottini scoprono la targa

Vi è commozione e riconoscenza in ciascuno dei presenti. Con il canto del Padre Nostro in armeno si conclude la prima parte della cerimonia e passiamo all’interno per scoprire la lapide con la dedica a Santina. L’esarcato armeno cattolico al pian terreno riserva grandi sorprese! L’ingresso e ogni antica stanza, soprattutto l’aula delle udienze sono bellissimi: antiche pietre bianche a vista costituiscono le pareti, sembra davvero di essere in un castello medievale. Fu proprio questo ingresso a conquistare subito la mia attenzione, quando il 1° Gennaio 2007 entrai per caso nel prestigioso androne, ad attendermi allora vi era il Signor Alex Jololian, per il quale devo spendere alcune parole. Se a Mons. Raphael Minassian devo l’onore di un appartamento a Gerusalemme è stato proprio la bravura, la capacità ed il gusto di Alex a realizzare i lavori.

Don gigi davati alla targa commemorativa
Don gigi davati alla targa commemorativa

La stessa cosa è avvenuta per i lavori di restauro della facciata. Pensati e in qualche modo progettati con S.E. Mons. Minassian, è stato poi Mons. Kelekian a proseguire, ma sempre i lavori sono stati eseguiti con grande cura e maestria da Alex Jololian che ha curato ogni dettaglio del bellissimo restauro e che di cuore ringrazio insieme all’Esarca Mons. Joseph Kelekian. Proprio nell’ingresso del Palazzo l’Esarca a provveduto a sistemare una targa in onore di Santina, mentre dei bravi scalpellini stanno predisponendo la scritta in una lapide di marmo. Gli invitati piano, piano entrano nell’ingresso vicino all’aula delle udienze e così avviene in semplicità la seconda parte della bella cerimonia, lo scoprimento della targa in onore di Santina. Se nella prima parte aveva presieduto la cerimonia Mons. Kelekian è il nostro Invitato di onore Padre Claudio Bottini noto biblista e Decano dello Studium Biblicum Franciscanum a scoprire la lapide. Con un gesto semplice il Professore scopre la targa recitando: Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. Ancora una volta siamo commossi per questo suggestivo momento che corona gli sforzi di tutti: quelli di Santina, dei nostri benefattori, di Alex, di Mons. Kelekian e di tutti gli operai che hanno permesso di realizzare questi importanti lavori di restauro. Sulla targa si può leggere: RINNOVAMENTO DEL MURO ESTERNO DELL’ESARCATO IN ONORE DI MAMMA SANTINA ZUCCHINELLI PER OPERA DI MONSIGNOR LUIGI GINAMI 24 GIUGNO 2012. Guardo Mamma ed indico a Lei il Suo nome sulla targa, Lei lo osserva con attenzione e poi sorride divertita, scatto alcune fotografie per ricordare il momento semplice ed al tempo stesso solenne che lascerà concretamente un ricordo di Santina nella Città Santa di Gerusalemme.

La Targa ricordo provvisoria in attesa della lapide in pietra
La Targa ricordo provvisoria in attesa della lapide in pietra

IV. CONCLUSIONE. UN AFFETTUOSO ABBRACCIO A MAMMA
La mia commozione è profonda e allora abbraccio con molta dolcezza Santina, nella mia memoria ricordo un passaggio di un recente romanzo di David Grossman: ‹‹Sei dolcissimo – disse la mamma a Ben mentre facevano una passeggiata nei campi verso sera. – Sei dolcissimo e tanto carino, non c’è nessuno al mondo come te!››. ‹‹Davvero non c’è nessuno al mondo come me?›› domandò Ben. ‹‹Certo che no – rispose la mamma – sei unico››…La mamma lo tenne stretto a sé. Sentiva il cuore di Ben che batteva. Anche Ben sentiva il cuore della mamma e l’abbracciò forte forte.‹‹Adesso non sono solo – pensò mentre l’abbracciava – adesso non sono solo. Adesso non sono solo››. ‹‹Vedi – gli sussurrò la mamma – proprio per questo hanno inventato l’abbraccio››. (DAVID GROSSMAN, L’abbraccio, Mondadori 2010). Sicuramente verrà un giorno in cui mia Madre mi lascerà, forse presto, oppure forse lascerò io Santina per primo: la nostra vita vera non è qui, ma è nel Paradiso. In quel giorno in cui mi sentirò solo sarà proprio il caldo abbraccio di quella sera unitamente a tanti altri gesti di affetto verso mia Madre a dirmi che in verità non sarò mai solo, perché proprio Lei con la Sua vita ed il Suo esempio, mi ha insegnato che Dio con il Suo abbraccio mi conforterà sempre, come tutti i gesti di solidarietà che Santina ha seminato saranno i più bei segni di incoraggiamento e conforto nel continuare a credere cha la vita pur nel dolore, nella sofferenza e nella disabilità è un sorprenderete Mistero che vale la pena di vivere sempre fino in fondo. E se morirò io per primo? In quel caso non avrò alcuna paura per Mamma, perché sono convinto che l’affettuoso abbraccio di Dio non verrà mai meno dalla Cara Santina… come del resto è avvenuto in questi anni. La bella serata si conclude con una festa sul magnifico terrazzo di casa, dove dopo cena Suor Cecilia esegue alcuni canti religiosi con la sua bella voce accompagnata dal suono dell’arpa e dalle note del flauto suonato da Mons. Kelekian: una serata davvero speciale, mentre la notte avvolge Gerusalemme e nel cielo splende una chiara mezzaluna estiva.

La facciata restaurata la sera della Cerimonia il 24 Giugno 2012
La facciata restaurata la sera della Cerimonia il 24 Giugno 2012

 

Viene qui riportato ora l’album completo che mostra come la facciata è stata radicalmente cambiata dal profondo ed accurato restauro:

V. APPENDICE. L’ALBUM DEL RESTAURO

VI. L’OPERA DI RESTAURO 

Nella Città Vecchia di Gerusalemme, sulla Via Dolorosa tra la terza e quarta stazione della Via Crucis sorge la proprietà dell’Esarcato Armeno cattolico che si compone della Chiesa di Nostra Signora dello Spasimo, di un palazzo adibito all’accoglienza dei pellegrini e d del Palazzo dell’Esarcato vero e proprio.
La proprietà viene ben presentata nella illustrazione qui di seguito proposta:

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Nella Quaresima 2012, in occasione di un viaggio a Gerusalemme dal 16 al 19 marzo 2012 si è ripreso in mano un progetto già valutato nell’anno 2011 con l’Esarca di allora Mons. Raphael Minassian e che riguardava il restauro della facciata del Palazzo esarcale.

L’argomento è stato approfonditamente discusso con il Nuovo Esarca Mons. Joseph Kelekian e con l’Amministratore Dottor Alex Jololian.

Ecco la Lettera di intenti a me scritta da S.E. Mons. Jospeh Kelekian:

 

 

lettera esarca 19-3-2012

– In data 20 marzo 2012, al ritorno da Gerusalemme abbiamo  dato ordine di bonifico per la somma richiesta
– Nella medesima data  abbiamo  dato avviso al Dottor Jololian dell’avvenuto pagamento
– Mentre  il giorno seguente abbiamo trasferito il documento che comprovava l’avvenuto versamento a Mons. Kelekian.
I lavori di restauro sostenuti dalla solidarietà di Santina dovrebbero partire nei prossimi giorni e in questa pagina, cari amici , vi terremo informati degli sviluppi del restauro.

Ecco alcune foto di come si presenta oggi la facciata da restaurare:

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VII. GLI ARMENI. CHI SONO, DA DOVE VENGONO?
Benché la leggenda faccia risalire a Noè l’origine del popolo armeno, sembra che solo nel sec. VI a.C. gli Armeni si siano costituiti come popolo intorno al monte Ararat, nelle scoscese catene del Caucaso. L’Armeno è un popolo venuto dalla fusione degli abitanti dell’antico regno di Urartu con tribù indoeuropee venute dalla Frigia. La prima notizia storica ci viene da un’iscrizione cuneiforme dell’epoca degli achemenidi’ la dinastia persiana fondata da Ciro intorno al 550 a.C..Nel II sec. a.C. gli Armeni erano già uno stato indipendente. Uno dei suoi re, Tigràn il Grande (95-55 a.C.), conquistò la Cappadocia ed estese il suo dominio sino alla Fenicia, sulla costa mediterranea. Un’espansione molto breve, perché nel 67 a.C. i Romani ridimensionarono Tigràn. Tra gli anni 310-313 il re Tiridate II (287-330) si convertì´ al Cristianesimo ad opera di S. Gregorio l’Illuminatore, e proclamò il Cristianesimo religione di stato. Da questo momento la fede cristiana, insieme alla lingua armena, sarà la componente più dinamica dell’anima nazionale.Conquistato nel 642 a sangue e fuoco dai Musulmani, il paese fu superficialmente occupato e risparmiato dalla islamizzazione. A partire dal sec. IX la dinastia locale dei Bagratidi, che scelse Ani come capitale, assicurò all’Armenia una certa prosperità e un notevole rinascimento artistico.Conquistata nel 1071 dalle orde turche Seleucidi che devastarono tutta l’Armenia, una parte della nazione, con i regnanti a capo, emigrò in terra bizantina, installandosi tra le montagne del Tauro e della Cilicia. Qui, nel 1073, fondarono il principato dell’Armenia Minore e, nel 1198, un regno che durò fino al 1375. Ebbe relazioni molto strette con i Crociati, ai quali gli Armeni prestarono aiuto militare. A Edessa si costituì un principato Armeno Franco che durò mezzo secolo.

Questo video propone una visita nel complesso dell’Esarcato armeno cattolico nell’anno 2007. Oggi importanti lavori sono stati fatti tra i quali la costruzione del nuovo appartamento e le scale di ingresso, ma la raccolta fotografica ben illustra il complesso monumentale e l’ottimo lavoro svolto da Alex Jololian che di cuore ringraziamo.

UN POPOLO MARTIRE
Le comunità armene dell’Armenia Maggiore e dell’Armenia Minore caddero nei sec. XV-XVI una dopo l’altra sotto la dominazione dei Turchi Ottomani, nella quale gli Armeni vissero in relativa prosperità, grazie alla loro indole intraprendente e all’amore per il lavoro. I problemi spuntarono a metà del secolo scorso, quando le idee di uguaglianza, progresso e autonomia venute dall’Occidente si propagarono tra le minoranze cristiane dell’impero turco. L’applicazione concreta di tali idee di libertà porterà al genocidio del popolo armeno. In effetti, nel 1894 un rumore di “complotto armeno” si estese per tutta la penisola turca dell’Anatolia. La reazione dei Turchi fu brutale: furono assassinati almeno 300 mila Armeni, mentre 100 mila emigrarono fuori dell’impero- Nel 1909 ci furono altri massacri in Adana e a Antiochia: erano solo il preludio del genocidio perpetrato durante la guerra mondiale del 1915-18: più di un milione e mezzo di Armeni persero la vita e fuggirono dalla terra che li aveva visti nascere. Terminate le guerre e le stragi, gli Armeni del Caucaso, che da un secolo erano sotto il dominio russo, approfittarono della rivoluzione bolscevica, che aveva disarticolato le basi dello stato, per proclamare un’Armenia indipendente (28 maggio 1918). L’indipendenza durò fino al 29 novembre 1920, quando Sovietici e Turchi si spartirono il Paese. Gli Armeni scampati al genocidio turco si stabilirono per lo più in Siria e in Libano, allora sotto il mandato francese, e a poco a poco ricostituirono le proprie istituzioni comunitarie. La caduta del Comunismo in Armenia ha permesso di realizzare nel 1991 l’antico sogno nazionale: l’indipendenza di Hayastan (la terra dei Hayk, Armeni). Oggi l’Armenia è una piccola repubblica di 3.300.000 abitanti; la capitale è Erevan, la superficie è di 29 mila km 2. Tener presente che il trattato di Sèvres nel 1920 aveva stabilito non 29, ma 72 mila km quadrati. Fa piacere ricordare che l’attuale presidente dell’Armenia, Levon Petrossian, fu battezzato nella chiesa francescana di Terra Santa di Kesab (Siria) e compì le scuole elementari nella stessa scuola parrocchiale.

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La facciata che dovrà essere restaurata. Nella foto del 2007 non si vede il nuovo appartamento costruito su quello che una volta era la terrazza dell’esarcato

 

INIZI DELLA CHIESA ARMENA
La tradizione riferisce che furono gli apostoli Bartolomeo e Giuda Taddeo gli evangelizzatori dell’Armenia. E’ più sicuro affermare che l’evangelizzazione fu opera di missionari della Siria e della Cappadocia. Fu così vigorosa che verso il 299 il re Tiridate TI si convertì al Cristianesimo con il suo popolo. Il promotore di questo cambio fu S. Gregorio l’Illuminatore, figura prominente del Cristianesimo armeno.Aggregata inizialmente alla Chiesa metropolitana di Cesarea di Cappadocia, in territorio romano, la Chiesa armena si proclama autonoma ai primi del sec. V, sotto la giurisdizione di una specie di patriarca che prende il nome di catholicòs (arcivescovo che ha dei suffraganei). Tale titolo era dato primitivamente al capo di una comunità cristiana fuori dei confini dell’impero romano-bizantino, fuori cioè della giurisdizione dei patriarchi. Attualmente conservano il titolo di Catholicòs i capi delle Chiese armena, nestoriana e georgiana.A partire dal sec. IV si consolidano le istituzioni ecclesiastiche armene e si forma la liturgia, fortemente influenzata dall’antico rito di Gerusalemme. Al tempo stesso si crea l’alfabeto armeno che la tradizione attribuisce al monaco Mesrop (360-440); ciò permette di tradurre nella lingua nazionale i testi liturgici scritti fino ad allora in greco e in siriaco.

 

La facciata che dovrà essere restaurata ed opportunamente illuminata
La facciata che dovrà essere restaurata ed opportunamente illuminata

LA CHIESA ARMENA SI SEPARA DALLA CHIESA CATTOLICA
Nel 451 a Calcedonia ci fu il Concilio ecumenico che definì le due nature, umana e divina, nell’unica persona del Cristo. Benché la Chiesa armena, impegnata in guerre coi Persiani, non partecipasse ai dibattiti conciliari, tuttavia le decisioni del concilio furono accolte con diffidenza, dato che il potere imperiale bizantino aveva partecipato attivamente alle conclusioni conciliari. Tutto questo, col fatto che i vescovi monofisiti della Siria (sostenitori della sola natura divina del Cristo) furono i primi a informare i prelati armeni intorno alle definizioni di Calcedonia, e con l’aggiunta dei problemi di traduzione dei termini teologici greci di natura e persona, spinse la Chiesa armena a rifiutare le decisioni conciliari e a separarsi quindi dalla Chiesa cattolica. Due concili nazionali, celebrati nel 506 e nel primo centenario di Calcedonia (551), confermarono il rifiuto e l’adesione al monofisismo. Solo alcuni vescovi armeni ricusarono di condannare le decisioni calcedonesi: e questo causò all’interno della Chiesa armena uno scisma che durò lungo tempo.Tale situazione di allontanamento dalla Chiesa universale durerà fino ai sec. XI-XIII, quando la Chiesa latina, rappresentata dai Crociati, suscitò tra gli Armeni, movimenti unionisti. Così il catholicòs Nersès IV (1166-1173) consacrò la sua vita a un’intesa fra Armeni, Greci e Latini. Durante la prima metà del 1200 si arrivò a stabilire un’effimera unione con Roma. Era il tempo in cui Domenicani e Francescani si erano lanciati all’evangelizzazione delle regioni dell’Armenia Minore, convertendo molti al Cattolicesimo romano, senza però giungere a formare una Chiesa cattolica paraIlela. Durante il Concilio di Firenze (1439) i rappresentanti armeni sottoscrissero l’atto di unione a Roma. Senza dubbio, fu una decisione senza effetti pratici.

La foto è del 2007, ora le scale di ingresso sono nuove e totalmente in marmo, il Signor Jololian ha ristrutturato tutto l'ingresso ed ora si appresta a restaurare la facciata del Palazzo esarcale
La foto è del 2007, ora le scale di ingresso sono nuove e totalmente in marmo, il Signor Jololian ha ristrutturato tutto l’ingresso ed ora si appresta a restaurare la facciata del Palazzo esarcale

 

UNA CHIESA, 4 PATRIARCHI
Fino al sec. XI la Chiesa armena era unita sotto un unico patriarca, il catholicòs di Etchmiadzìn, città santa degli Armeni. Con il grande esodo armeno in Cilicia, dove si fondò nel 1073 il principato dell’Armenia Minore, il catholicòs di Etchmiadzìn lasciò la sua sede del Caucaso per installarsi nella nuova patria armena. Nel 1293 si stabilisce a Sis, capitale della Cilicia. Questo trasferimento della sede patriarcale rese più profondo il solco fra le – due Armenie, la Maggiore del Caucaso, che rimase senza capo spirituale, e la Minore di Cilicia. Vent’anni più tardi, nel 1311, il vescovo armeno di Gerusalemrne, insoddisfatto dell’avvicinamento tra gli Armeni di Cilicia e Roma, prende il titolo di patriarca, confermato ufficialmente dal sultano d’Egitto. Un secolo dopo, nel 1441, è la volta dell’Armenia di Caucaso che, sentendo la necessità di avere un capo spirituale, nominano un nuovo catholicòs con giurisdizione sugli Armeni dell’Armenia Maggiore. Il quarto patriarcato ha inizio sotto la zione dei Turchi ottoman). Alcuni anni dopo la conquista di Costantinopoli i Turchi favoriscono l’istituzione di un patriarcato nella capitale (1461) con giurisdizione civile e ecclesiastica sopra tutti gli Armeni dell’impero. E’ così che la Chiesa armena ortodossa risulta divisa fino ad oggi in quattro strutture autonome: il catholicòs di Etchmeadzìn e quello di Sis; i patriarchi di Gerusalemme e di Costantinopoli. Tra essi l’unico elemento di interdipendenza è il riconoscimento del primato d’onore del catholicòs di Etchmiadzìn. I1 catholicòs di Sis, fondato nel 1293, continuò fino al 1921. Il genocidio degli anni 1915-18 costrinse il patriarca a trasferire la sue sede prima a Aleppo e poi, nel 1930, a Antelias, al nord di Beirut, dove attualmente risiede. Ha giurisdizione sopra gli Armeni del Libano, Siria e parse della diaspora: in tutto un 400 mila fedeli.I1 patriarca di Gerusalemme ha giurisdizione sugli Armeni di Terra Santa e Giordania (4 mila fedeli). Risiede a Gerusalemme, nel monastero di S. Giacomo il Maggiore, centro religioso e sociale degli Armeni in TS. Infatti, intorno a questo monastero si è sviluppato un quartiere interamente abitato dagli Armeni con le loro chiese, il seminario, scuole, associazioni, biblioteca con 50 mila volumi, tipografia e museo d’arte religiosa. Il patriarca di Gerusalemme è eletto dalla fraternità di S. Giacomo composta da 60 membri, tra cui i monaci del monastero, e, per la maggior parse, da secolari. Egli è assistito da quattro vescovi, il primo dei quali ha il titolo di Gran Sacrista ed è, al tempo stesso, superiore del monastero. Il patriarcato è proprietario dei seguenti santuari: due cappelle al S. Sepolcro, una cappella nella chiesa della Natività a Betlemme; la- chiesa di S. Giacomo Maggiore eretta sul luogo del suo martirio, le case di Anna e Caifa. Con i Francescani e i Greci ortodossi è comproprietario della Tomba del Signore e della Grotta della Natività.

Secondo viaggio di Santina a Gerusalemme

 

LA CHIESA ARMENA CATTOLICA
La Chiesa armena cattolica non è nata nelle montagne del Caucaso come la sorella ortodossa, chiamata anche georgiana, ma negli ambienti arabizzati della Siria e del Libano, lontana dalle influenze dei due catholicòs di Etchmiadzin e di Sis. L’origine di questa Chiesa è frutto dello zelo apostolico dei missionari gesuiti, carmelitani e cappuccini, a partire dal sec. XVI. Facilitava la conversione il fatto di non aver serie divergenze teologiche tra Armeni ortodossi e cattolici, dato che il monofisismo dei primi è solo nominale. Per questo gli Armeni ortodossi non sono considerati eretici, ma scismatici, cioè separati dalla Chiesa universale. Nel 1740 un sinodo di vescovi armeni uniti a Roma elegge il primo patriarca cattolico di rito armeno nella persona dell’arcivescovo di Aleppo, Abraham Ardzivian, che era stato deposto dalla sue sede per aver abbracciato la fede cattolica. Ricevuta la conferma ufficiale del Papa, il nuovo patriarca si stabilisce provvisoriamente in Kraim, in Libano. I1 suo successore stabilisce nel 1749 la sue residenza ufficiale nel monastero di S. Maria di Bzummar sulle montagne libanesi. Al tempo stesso cominiciano a svilupparsi le strutture episcopali della nuova Chiesa in Aleppo, Palestina, Cilicia, Anatolia e Alta Mesopotamia. Nel frattempo la Chiesa armena ortodossa opponeva forte resistenza a quella cattolica fino a ricorrere al braccio secolare ottomano “per ricondurre i ribelli della nazione armena”. Solo nel 1831 gli Armeni cattolici ottennero dal Sultano di sottoporsi all’autorità del, patriarca ortodosso dal quale dipendevano civilmente. Il patriarca cattolico Pietro IX riunisce per la prima volta nella sue persona i due poteri, religioso e civile, della comunità cattolica e stabilisce la sue sede a Costantinopoli, dove rimarrà fino al 1928. La prima guerra mondiale fu disastrosa anche per gli Armeni cattolici dell’Anatolia turca: praticamente sparirono dalla carte geografica; per questo trasferirono la loro sede patriarcale a Bzommar.La giurisdizione del patriarca cattolico, oggi nella persona di Giovanni XVIII Kasparian, si estende su tutti gli Armeni cattolici d’Oriente e della diaspora. Conta quattro archidiocesi: Beirut, Aleppo, Istambul, Bagdad; otto diocesi: due in Siria, una rispettivamente in Iran, Egitto, Grecia, Francia, Romania; tre esarcati: Gerusalemme, Argentina, Europa Unita. Nell’Armenia indipendente vi è un arcivescovo cattolico con il titolo di “Arcivescovo degli Armeni di Sebaste”. A questa Chiesa appartengono la congregazione dei Mekitaristi, divisi in due rami: quello dell’isola di S. Lazzaro a Venezia (fondata nel 1717) e quello di Vienna (dal 1800); e le monache dell’Immacolata Concezione, fondate nel 1852.

IN GERUSALEMME
In Gerusalemme il patriarcato cattolico è rappresentato da un vescovo, senza clero, con il titolo di I esarca; ha giurisdizione sopra gli Armeni cattolici in Terra Santa (ca 400) e di Giordania.  L’attuale esarca è MOns. Joseph Kelekian. La residenza vescovile è alla IV Stazione della Via Crucis, dove possiede la chiesa annessa dedicata a “S. Maria dello Spasimo”.Proprio al facciata di quella residenza verrà restaurata con la carità di Santina Zucchinelli. Dal sec. XIX esistono anche Armeni protestanti, riuniti nella “Unione delle Chiese Armene”. Gli aderenti sono circa 150 mila.

La porta e la facciata sembrano essere state restaurate nell'anno 1885
La porta e la facciata sembrano essere state restaurate nell’anno 1885

 

 

 

 

VIII. I SIMBOLI DI GERUSALEMME DI CARLO MARIA MARTINI (TRATTO DA LA REPUBBLICA DEL 10 SETTEMBRE 2004)
Non è facile per noi europei incontrare oggi Gerusalemme, anche per la paura suscitata dagli atti di terrorismo e dal conflitto in corso. Molti, che pur vorrebbero venire qui come pellegrini o come turisti, vi rinunciano. È un simbolo della paura che si ha a guardare in faccia le cose come realmente stanno. Eppure è importante rendersi conto che per un cristiano e per ogni cittadino di questo mondo Gerusalemme ha un´importanza unica. Bisogna però chiarire sin dal principio che non si può parlare di Gerusalemme senza amarla. Amarla di quell´amore con cui l´amarono i profeti, che piansero su di lei e la coprirono di invettive dettate appunto dall´amore. Amarla come l´ha amata Davide. A cui lo scrittore moderno Carlo Coccioli fa dire: “Se avevo amato Gerusalemme, se l´avevo amata contemplandola dall´esterno, ne impazzii letteralmente…Pazzia d´amore, valutando dall´interno la sua bellezza indescrivibile. Certo non vi era al mondo altrettanto desiderabile città, eco inebriante di una dimensione spirituale dello spazio, dove il cielo si chinava sulla terra e la sposava. Come non invidiare Sion, l´incomparabile?”.
Non c´è problema di risonanza mondiale che non tocchi in qualche modo questa città o che non possa essere considerato a partire da questa città. In particolare oggi emerge a livello di dramma apparentemente insuperabile a livello planetario la capacità di una convivenza pacifica e promozionale tra diversi. Si tratta di imparare a condividere lo stesso territorio e le medesime risorse pur nella diversità delle culture, tradizioni, religioni ecc. Ciò richiede di mettere molto in alto sulla scala dei valori il rispetto per l´altro, per la sua tradizione e cultura, nella persuasione che v´è in lui la stessa dignità umana che c´è in me e che egli gode degli stessi diritti e prerogative. Ciò deve portare a sentire come nostre le sofferenze dell´altro, del diverso, dell´appartenente all´altro gruppo.
Minareti e campanili debbono diventare simboli di rispetto e di accoglienza per tutti, nella persuasione che tutti coloro che riconoscono Dio creatore si sentono sue creature e suoi figli, dotati della stessa dignità e ugualmente amari. Perciò le religioni sono chiamate a divenire un fattore molto importante per la pacifica convivenza dei popoli. E bisogna guardarsi con grande cura da quegli estremismi religiosi che dividono le persone, non promuovono il rispetto per tutti e non favoriscono atteggiamenti di pace.
Dall´incontro con Gerusalemme mediato dalla Scrittura deve emergere anzitutto il ricordo dell´amore straordinario testimoniato da Dio per il popolo di Israele. Incontrare Gerusalemme significa dunque anzitutto sintonizzarsi con questa passione amorosa e gelosa di Dio per il popolo da lui eletto perché fosse modello ed esempio dell´amore di Dio per ogni popolo.
Per questo la premessa per ogni rapporto con Gerusalemme è un amore sincero e un affetto intenso per il popolo ebraico, una partecipazione sofferta alle sue sofferenze e alle sue angosce. Per incontrare oggi Gerusalemme bisogna dunque desiderare di soffrire con Gerusalemme, amarla nella sua storia, nella letteratura del popolo di Israele, nella sua cultura e arte, nelle sue dolorose vicende storiche. E questo non per un motivo di semplice simpatia umana, ma per corrispondere all´amore con cui Dio da sempre ha amato il suo popolo.
Questo non significa distanza dagli altri popoli, in particolare del popolo palestinese, ma al contrario vicinanza e solidarietà per lasciar entrare nella propria carne le sue sofferenze e le sue giuste richieste.
Vorrei ancora segnalare una caratteristica dell´incontro di un cristiano con Gerusalemme ed è, per quanto paradossale ciò possa sembrare, l´assenza di giudizio. È importante ricordare la parola evangelica: non giudicate e non sarete giudicati; non condannate non sarete condannati (Matteo 7,1-2; Luca 6, 37). Ciò significa anzitutto in concreto la rinuncia a ogni giudizio troppo facile o preconcetto. In questi ultimi decenni la situazione dei rapporti tra ebrei e palestinesi si è fatta così complessa, dolorosa e intricata, che anche un competente farebbe grande fatica a dare giudizi spassionati e oggettivi. Un cristiano che non è membro di questi popoli deve vivere la sua presenza alle loro vicende soprattutto come intercessione, nel senso etimologico della parola, come ho già avuto modo di spiegare più volte: intercedere, cioè camminare in mezzo, non inclinando né da una parte né da un´altra, pregando ugualmente per tutti, per ottenere grazie di pace e di riconciliazione. Partendo di qui poi ciascuno agirà nel quadro delle sue responsabilità civili e sociali concrete.
Chi abita a Gerusalemme sa che vi sono qui, a livello di piccole realizzazioni, tanti sforzi dei tentativi di dialogo, di incontro, di comprensione, di riconciliazione, di perdono. Ho incontrato israeliani colpiti da lutti nelle loro famiglie a causa della guerra che, superando l´orrore per quanto è avvenuto, hanno deciso di incontrarsi regolarmente con famiglie palestinesi pure esse in lutto a causa della violenza. Insieme lavorano, con la forza e l´autorevolezza che è data loro anche dai loro morti, per un futuro di riconciliazione. E al di là di questa iniziativa ve ne sono moltissime altre nell´ambito del dialogo, dell´assistenza, della carità della comprensione. È ammirevole la presenza di un volontariato internazionale a Gerusalemme, ma è insieme anche bello vedere quanti ebrei si impegnano per un cammino di pace. Tutti coloro che lavorano in questo senso, spesso nel silenzio e nel nascondimento, hanno capito che la pace ha un prezzo e che ciascuno deve cominciare a pagare la sua parte.
(Il testo è tratto dal messaggio del Cardinal Martini all´incontro su Gerusalemme, a Camaldoli, promosso dalla rivista “Il Regno”).

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All’interno della proprietà armena, negli scavi sotto la Chiesa della Madonna dello Spasimo sono stati ritrovati mosaici di grande pregio e valore. Il Compinato Padre Piccirillo, visitando una volta casa mia mi disse che quei mosaici erano probabilmente della metà del IV secolo. La tradizione popolare identifica in questi sandali il luogo in cui Maria incotrò il proprio Figlio Gesù mentre saliva verso il calvario. Più probabilmete essi contraddistinguono il luogo in cui dovevano essere lasciati i sandali all’ingresso delle case del tempo.